Spettacolo Sociale“LA CONDIZIONE UMANA”

La Condizione Umana
La Condizione Umana
La Condizione Umana
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La Condizione Umana
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La Condizione Umana

Come può l'arte rappresentare la complessa realtà che stiamo vivendo? Una delle questioni del nostro tempo è la grande migrazione, un fenomeno che sta cambiando la storia e le geografie del mondo.

Come può l’arte rappresentare la complessa realtà che stiamo vivendo?

Lo spettacolo si ispira

alla tela di Magritte “La condizione umana”, un dipinto che sconfina nel reale, e dove il reale si confonde nel dipinto senza riuscire a identificarne i contorni. La struttura della rappresentazione è fatta a quadri e si sviluppa come una carrellata di immagini, parole e suggestioni.  L’utilizzo di diversi registri come la parola poetica, la danza, la pittura, il video e la recitazione realistica e grottesca, consente al gioco che confonde e libera l’interpretazione. Cosa è vero e cosa non lo è?

Ciò che apre la scena

è la proiezione dell’ombra di un uomo, in un richiamo al mito della caverna di Platone. Egli si trova solo in un mondo distopico, un luogo non luogo la cui desolazione è quella futuribile, ma anche quella della sua realtà interiore, annientata dalla paura e dall’indifferenza.

A questo soliloquio segue un repentino intermezzo in cui gli attori di “La Condizione Umana” giocano sul tema soggetto-oggetto, per affrontare poi l’arrivo di nuovi migranti. Essi non sono umani, ma ibridi col volto da pesce e chi attende sul molo ha perso l’umanità, deformata nello sforzo di odiare e di emettere urla ed improperi.

Dalle grida si passa al silenzio di chi boccheggia una muta richiesta di soccorso.

Su quella stessa spiaggia rimangono dei villeggianti, la classe media con le sue piccole conquiste borghesi; il terrore che qualcuno sottragga loro quella felicità materiale, che rovini la vacanza conquistata dopo un anno di fatica; il sollievo di sentirsi un poco migliori solo per aver avuto buona sorte nel luogo di nascita; la speranza di un miglioramento sostanziale svenduta per del pesce fresco.

Il quadro successivo si apre nella nazione di immigrati per antonomasia: gli Stati Uniti d’America. Non c’è più spazio per il sogno felice; le diversità sono vittime dell’uniformazione.

A comparire sul palco anche degli stereotipati neofascisti, con la loro ribellione rabbiosa. Sono disuniti e rimangono saldi unicamente grazie alla gerarchia imposta dal loro capo. Sanno che è questione di percezione, si fingono addomesticati quasi a far sentire in colpa l’estinta social-democrazia, o chi, per essa, ha lasciato la protesta e la speranza sociale.

Questa ribellione lascia spazio, nel quadro successivo, al filosofo, il parolaio da televisione che, attraverso un linguaggio spettacolarizzato, dissocia completamente la realtà dalle parole, miscelandole sapientemente per piegare i suoi argomenti all’utile e all’interesse personale.

In contrapposizione a quest’ultimo, troviamo, poi, la concretezza delle parole di Cristo. Un intimo discorrere: senza il bisogno di spiegare fa giungere i suoi discepoli alla propria saggezza, mettendoli in guardia dai corrotti interpreti del verbo.

Chiude lo spettacolo

La Condizione Umana, il quadro di una cicogna apolide che porta in grembo il futuro ma ha le ali spezzate, non ha i mezzi per donargli la vita che vuole, vede ciò che potrebbe essere ma non è, e così la speranza si diluisce nella disperazione.

La realtà è una verità mutevole, che spesso si interpreta in una maniera distorta e che sempre più considera l’umano in maniera, per l’appunto, disumanizzante.

Chi rifiuta la diversità, non rifiuta solo l’estraneo, ma anche una parte di sé stesso, e si accontenta del poco che riesce a strappare alla propria esistenza, finendo nella caverna, ingannato dalle ombre che appaiono realtà, eppur pensando di essere sotto al sole di Lampedusa.

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Regia:
Marco Oliva
Con:
Elena Martelli, Martino Iacchetti, Gabriele Natale, Marco Oliva e Bruna Serina de Almeida
Produzione:
Oltreunpo' Teatro
Scenografia:
Francesca Biffi

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